Psicologia dell’amore e dell’attaccamento

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By: | Tags: , , , | Comments: 0 | Dicembre 4th, 2015

Cosa ci spinge ad amare un’altra persona? Certamente, al di là delle diverse teorizzazioni, l’amore è il sentimento più “magico” che l’uomo possa provare e vogliate perdonarmi a priori se proverò a trattare sull’argomento in maniera sintetica.

L’amare comporta il sentirsi attratti dall’altro, a tal punto da lasciarsi andare verso l’altro, fino al raggiungimento della sensazione di perdersi nell’altro, anche tramite l’incontro tra i corpi. La sensazione di fusione con l’altro, è la prima esperienza di pienezza che prova l’essere umano da neonato e che lo accompagna per la prima infanzia, allorquando si stabilisce una relazione simbiotica con la madre, in cui madre e bambino costituiscono un tutt’uno di corpi e di menti.

La psicoanalisi, per definire l’io del neonato che comunica tutte le sue sensazioni alla madre tramite il contatto corporeo, parla di un io pelle: la pelle del bambino comunica con la pelle della madre. Come afferma Winnicott, una madre sufficientemente buona, deve essere in grado di impazzire insieme al proprio bambino, ovvero di fondersi con lui, di innamorarsi e percepire ciò che nessun altro riesce a comprendere sul proprio cucciolo. Tale relazione, sta alla base della strutturazione di un sano legame di attaccamento tra madre e bambino. Quest’ultimo, se avrà provato un fisiologico attachment, ed un graduale de-attachment dalla figura materna, facendo anche esperienza della sua autonomia, conserverà dentro di sé la naturale propensione ad un sano legame con gli altri, ma soprattutto, ad un sano innamoramento.

Da questa prospettiva, si evince che il primo amore è quello che si stabilisce tra la madre ed il bambino e sembra proprio il caso di affermare che “il primo amore non si scorda mai”. Difatti, i diversi studi sul legame di attaccamento tra madre e bambino, concordano sul fatto che un bambino all’età di tre anni ha già interiorizzato uno stile di attaccamento ben preciso, che lo guiderà nel modo di legarsi agli altri per il resto della sua vita.

Sono stati individuati diversi stili di attaccamento che vanno da un attaccamento sicuro, in cui il bambino ha stabilito un buon legame con la madre, ma riesce anche a separarsene per avvicinarsi con fiducia agli altri, verso stili di attaccamento sempre più insicuri, fino a stili disorganizzati, in cui nel bambino rimangono sempre più dei vuoti senza un nome.

Gli stili di attaccamento insicuri ci segnalano che nel legame tra la figura materna ed il bambino non si è realizzata in maniera ottimale l’esperienza iniziale della simbiosi e della graduale separazione. Ad esempio, in uno stile di attaccamento insicuro-ambivalente, i bisogni di legame del bambino sono stati appagati “ad intermittenza”, predisponendo così l’individuo ad essere insicuro dell’altro e quindi a cercare delle continue conferme affettive.

Nella relazione di amore, il nostro legame di attaccamento si riaccende violentemente, esaltando le nostre parti sane e patologiche del legame. Le prime ci consentono di abbandonarci all’altro, ma anche di sapercene separare, di accogliere, di comprendere, ma anche di riuscire a mantenere la nostra individualità; le seconde, ci orientano alla dipendenza, all’insicurezza, alla possessività, alla pretesa che l’altro possa colmare i nostri vuoti più ancestrali. Una coppia ideale tende ad attraversare diverse fasi, che vanno da un primo stadio di innamoramento, in cui l’altro viene idealizzato e percepito come “la persona migliore del mondo”, verso una fase di normale disillusione, in cui si comincia a vedere il partner in maniera sempre più reale, con pregi e difetti. Questa è una fase molto delicata per la coppia in quanto, se si resta legati all’aspetto ideale del partner, vuoi per abitudini familiari, vuoi per un tentativo di colmare certi vuoti affettivi-emotivi personali, la coppia rischia di entrare in stallo, dove la partita relazionale si gioca prevalentemente sul conflitto e sull’illusione legati alla pretesa di volere cambiare il partner, rendendolo il più possibile simile all’immagine ideale che si ha di questi, magari rimpiangendo i tempi passati, in cui l’altro era “diverso”.

Se la coppia riesce ad elaborare tali dinamiche, ciascuno, accettando l’altro per quello che è e non per quello che dovrebbe essere, riesce ad accedere ad una fase in cui ciascuno recupera sempre più l’individualità e l’autonomia personale e, al contempo, riesce a concedere all’altro lo spazio per potere esistere in maniera incondizionata: l’amore è più maturo e consente alla coppia di godere dell’unione di due persone autentiche. In tali giochi relazionali, spesso la sessualità fa da termometro rispetto alla serenità del rapporto. Nell’incontro sessuale tra due persone, l’io pelle si ripresenta e forse, al di là di come sia stato il primo contatto con la madre, è auspicabile che ciascuno dei partner provi ad andare incontro alla personale voglia di appagare il proprio io tramite il contatto con l’altro, così come farebbe un bambino desideroso di un appagamento infinito al contatto con la madre. Proprio per questo è anche importante dare e darsi all’altro. Nella relazione sessuale d’amore si diventa, al contempo, (al di là dell’essere uomo o donna) bambino che desidera e madre che accoglie e che dà. Due io pelle che si cercano e si desiderano hanno la possibilità di mettere da parte la razionalità ed abbandonarsi all’emozione, alla passione, all’affetto, all’inconscio. Proprio per questo è così magico dirsi ti amo.

Fabio Settipani - MioDottore.it